mercoledì 9 marzo 2016

8 Marzo e l'ipocrisia italiana

Ieri mattina andando in giro per le solite commissioni (pane e latte, per intenderci), tutti i negozianti del paese mi hanno fatto gli auguri. Lì per lì non ho ben capito perché lo facessero, poi mi è arrivata l’illuminazione: 8 marzo, festa della donna. 

E mi sono incazzata. 
La Festa della donna è una giornata che dovrebbe esaltare il ruolo femminile ed aiutare a far sì che la donna venga riconosciuta di pari livello all’uomo, per lo meno moralmente ed economicamente. Ecco, siamo nel 2016 e questo ancora non avviene, e non in paesi del Terzo Mondo, ma proprio nel nostro che è, tutto sommato, un paese sviluppato. Allora l’otto marzo diventa la festa dell’ipocrisia bieca contro le donne. Di casi ce ne sono molti, ma oggi voglio parlare di due cose che mi stanno molto a cuore, cioè la violenza sulle donne e l’obiezione di coscienza sulla legge 194. 


Violenza sulle donne
Secondo i dati ISTAT di giugno 2015 in Italia, più di sei milioni di donne ha subito violenza, fisica o sessuale e di queste solo il 12% ha denunciato. Centoventotto sono le donne uccise solo perché sono donne (una ogni tre giorni). A vederli così sono solo numeri, ma dietro di essi c’è un esercito a volte troppo silenzioso o, al contempo, che non viene ascoltato da chi gli sta attorno e dalla società stessa. Troppe, troppissime volte, ho letto, soprattutto sui social, post contro le vittime, che venivano colpevolizzate di essersela andata a cercare. Ti picchiano? Colpa tua che dovevi stare zitta. Ti violentano? Perché sei uscita di sera? Ti fanno apprezzamenti pesanti e allungano le mani? Perché porti la gonna? Queste cose anche solo a pensarle per scrivere, mi fanno venire il voltastomaco e non capisco come qualcuno possa esserne convinto. 

Tempi fa lessi un commento su un articolo che parlava di femminicidio, dove il ragazzo aveva ucciso la fidanzata e il figlio che lei aspettava perché lui non voleva diventare padre. Il commento di una donna faceva più o meno così: “Lei sapeva che lui non voleva un figlio, perché non si è premunita di un preservativo? Lui l’aveva avvisata, quindi lei se l’è andata a cercare.”  
Io sono in parte d’accordo con la prima parte della frase e cioè che avrebbe potuto usare un metodo anticoncezionale, ma vale anche per l’uomo: io mi preoccupo della mia sessualità, perché lui no? Se la ragazza resta incinta, di chi è la “colpa”? Mi pare che siano in due e quindi meglio preoccuparsene in due che nessuno. È però la seconda parte su cui bisogna ragionare: lui l’aveva avvisata e quindi ha fatto bene ad ucciderla? Ma che diamine ho letto? Come si può pensare che siccome la tua lei non fa quello che vuoi tu, allora la puoi uccidere? Io veramente faccio fatica a capire come si possa ragionare in questa maniera, perché è vergognoso.
Bisogna far capire che la colpa non è mai della vittima, perché niente giustifica uno stupro, un omicidio o un pestaggio. È fondamentale che le donne vittime di violenza capiscano che non devono colpevolizzarsi e peggio, dare una giustificazione a chi fa loro del male. SI DEVE DENUNCIARE!


Obiezione di coscienza
Il 15 di gennaio del 2016 il Governo ha approvato un decreto che depenalizza l’aborto clandestino, ma nello stesso tempo aumenta la multa da fino a 51 euro a fino a 10000 euro. Tutto questo quando gli aborti clandestini stanno aumentando, ovviamente. 
Il problema è che non si parla del perché c’è questo aumento, ma è facilmente riscontrabile con delle semplici cifre: il 70% dello staff ginecologico degli ospedali è obiettore di coscienza e in certe regioni arriva al 90%. Si capisce come una donna, per poter abortire come le è concesso dalla legge Legge 22 maggio 1978, n.194 debba veramente affidarsi ad un viaggio della speranza. 

Il tema dell’aborto è sempre stato piuttosto dibattuto, perché si va a scontrare contro la moralità profondamente cattolica del nostro Paese, ma sono dell’idea che qualsiasi sia il proprio parere sull’aborto, non si possa trascendere il fatto che esso è legale in Italia, con dei paletti anche ben piantati, quindi non si possono trovare scuse per non praticarlo. Se lavori in un ospedale pubblico DEVI fare quello che la legge ti dice e quindi DEVI praticare l’aborto, anche se intimamente non ti piace, altrimenti non fai il ginecologo. Se la tua moralità ti impedisce di praticare interruzioni di gravidanze, allora scegli la specializzazione di ortopedia, o cardiologia, dove sai che non dovrai mai mettere le mani nell’utero di una donna. Ma se a scuola di medicina scegli coscientemente di fare ginecologia, lo sai che dovrai scontrarti, prima o poi, con l’aborto. 
Che poi, molto spesso, la moralità è solo a metà, perché molti dottori che obiettano nelle strutture pubbliche, sono ben felici di aiutarti in quelle private, dove, però, devi pagare e immagino non poco. È quindi così strano che gli aborti clandestini siano tornati in auge? No. Però è pericoloso, perché non sai mai chi ti metterà le mani addosso e se saprà fare bene il proprio lavoro, perché sono secoli che le donne si ritrovano a fare aborti clandestini, con esiti spesso infelici. Perché andare a rischiare la vita in posti poco igienici con personale non capace, quando la legge ti dice che puoi farlo in sicurezza nelle strutture ospedaliere? E la risposta è sempre la stessa: l’obiezione di coscienza. La stessa che non permette di usare, invece di interventi chirurgici, dei semplici farmaci che aiuterebbero di più la donna e il decorso dell’aborto, ma anche qui si preferisce obiettare e non prescrivere, col risultato che fiocca il commercio di farmaci via Internet o spacciati come droghe negli angoli delle strade, farmaci che possono essere estremamente pericolosi se presi alla leggera. 

In definitiva bisogna rendere l’obiezione di coscienza illegale e se un medico si rifiuta di eseguire un aborto DEVE essere denunciato per mancato servizio. Bisogna smettere di dare il potere agli altri sui nostri corpi.


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